Conversione
da Vatican News
di padre Federico Lombardi
Molti di noi hanno fatto nella vita qualche volta l’esperienza di essere seriamente ammalati, o anche solo di avere la paura fondata di esserlo. Se non ci siamo lasciati prendere dal panico abbiamo vissuto un periodo che ci ha segnati spiritualmente, di solito in modo positivo. Abbiamo capito che le cose e i progetti che ci sembravano tanto importanti erano alla fine passeggeri e relativi. Che ci sono cose che passano e cose che invece durano. Soprattutto siamo diventati più consapevoli della nostra fragilità. Ci siamo sentiti piccoli davanti al mondo e davanti al grande mistero di Dio. Ci siamo resi conto che il nostro destino non è se non in parte nelle nostre mani, anche se la medicina e la scienza fanno cose meravigliose. Per riprendere una parola antica, siamo diventati più umili. Abbiamo anche pregato di più, siamo diventati più sensibili e attenti nei rapporti con gli altri, abbiamo apprezzato di più la loro attenzione e vicinanza umana e spirituale.Poi però, man mano che le forze sono tornate e il rischio è stato superato, gradualmente questi atteggiamenti si sono attenuati e siamo tornati più o meno quelli di prima: sicuri di noi, preoccupati anzitutto dei nostri progetti e delle soddisfazioni immediate, meno attenti alle finezze dei rapporti… e la preghiera è tornata ai margini della nostra vita. Per certi aspetti dobbiamo riconoscere che nell’infermità eravamo diventati migliori e che nella forza siamo presto tornati a dimenticarci di Dio.
La pandemia è una malattia diffusa e condivisa. È un’esperienza comune di grande e inaspettata fragilità. Mette duramente in questione molti aspetti della nostra vita e del nostro mondo che avevamo dato per acquisiti. Questo costa grandi sofferenze e turbamenti. Ma è solo un male o è anche un’occasione?
Nella predicazione di Giovanni Battista e nella predicazione di Gesù c’è una parola che ritorna con grande frequenza e forza: “Convertitevi”. Non è una parola che amiamo. Ci interroga e ci fa paura, perché intuiamo che non è innocua. In tutto il tempo di Quaresima – che ha accompagnato questa vicenda della pandemia fin dall’inizio, straordinaria coincidenza nella nostra vita cristiana! – abbiamo sentito e risentito l’invito alla conversione, abbiamo riascoltato le grandi preghiere penitenziali dell’Antico Testamento (Ester, Azaria…) e i richiami profetici che hanno sempre visto le sventure e le sofferenze del popolo come un richiamo forte alla conversione, al ritorno verso Dio… Non dobbiamo vedere le disgrazie del mondo, in cui tanti innocenti sono coinvolti, come un castigo di un Dio vendicativo, ma non dobbiamo neppure essere così ingenui e superficiali da non accorgerci delle responsabilità umane intrecciate in ciò che avviene e da non ricordare che la storia dell’umanità è intrisa fin dall’inizio di conseguenze del peccato. Se no, che bisogno c’era che Gesù morisse per ricondurre noi e la creazione verso Dio?
Prima o dopo questa pandemia passerà. A un prezzo durissimo, ma passerà. Tutti abbiamo già ora una grandissima fretta che passi e lo desideriamo intensamente. Vogliamo ricominciare, riprendere il cammino. È giusto: la solidarietà ci obbliga a sperare che ulteriori sofferenze siano risparmiate ai deboli. La speranza ci chiede di guardare in avanti e la carità dev’essere operosa. Ma ci saremo convertiti, almeno un poco, o ricominceremo subito ad andare per le stesse strade di prima?
Una chiave di lettura cristiana fondamentale dell’Enciclica Laudato sì è che per rispondere alle grandi domande del futuro dell’umanità dobbiamo riconoscere di essere creature, che il mondo non è nostro ma ci è donato, e non possiamo pensare di dominarlo e sfruttarlo come vogliamo, se no lo distruggiamo e noi con esso. Solo sulla base di una maggiore umiltà davanti a Dio la ragione e la scienza potranno costruire e non distruggere. Vogliamo ripartire rapidamente. Diciamo che molte cose cambieranno. Forse pensiamo di aver imparato molte lezioni – chissà – sul sistema sanitario e scolastico, sul digitale e le sue possibilità… Anche la scienza medica farà altri passi avanti… Ma per lo più pensiamo a risposte in termini principalmente tecnici, di maggiore efficienza e razionalità organizzativa.
Bene, ma la pandemia è anche una chiamata alla conversione spirituale, più in profondità. Una chiamata per i fedeli cristiani, non solo, ma anche per tutti gli uomini, che rimangono creature di Dio anche quando non se lo ricordano. Una vita migliore nella nostra casa comune, in pace con le creature, con gli altri, con Dio; una vita ricca di senso, richiede conversione.