19 Aprile 2024
Per riflettere

Covid. Per i più fragili e chi se ne cura, Rosario e supplica a san Giovanni Paolo II

dal sito di Avvenire

La vicinanza a chi ha perso una persona cara, un amico, un parente. L’abbraccio ai malati che combattono gli effetti del “nuovo” terribile virus. Il commosso ringraziamento a quanti si prendono cura della vita degli altri mettendo a rischio la propria.

C’era tutta la paura e la speranza di questi giorni nella preghiera, promossa da Avvenire e i media Cei in collaborazione con la segreteria generale, recitata stasera, giovedì 2 aprile, nella cappella “San Giuseppe Moscati” del Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma. Al centro del Rosario, guidato dal vescovo Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, la cattedra del dolore, la lezione che, pur nella sofferenza, arriva dalle corsie degli ospedali, dalle cliniche, da ogni luogo in cui sono più evidenti gli effetti dell’infezione che tiene in scacco il mondo.

In particolare la supplica – ha sottolineato monsignor Giuliodori – è stata elevata «per tutto il personale sanitario impegnato a contrastare gli effetti devastanti della pandemia».

Così, nella scelta dei testi per la meditazione, si è puntato su chi proprio nella malattia e nella lotta contro di essa, ha offerto una straordinaria testimonianza di fede autentica, concreta, vissutaDa san Francesco d’Assisi a Giovanni Paolo II di cui ricorreva il 15° anniversario della morte, dal “medico santo” Giuseppe Moscati a Bartolomea Capitanio cofondatrice delle “Suore della carità” più note come “Suore di Maria Bambina”, esempio delle religiose e dei religiosi che «stanno vicino ai malati, ai disabili e agli anziani», nei luoghi dove i più fragili restano persone. Come lo stesso Gemelli in cui oggi sono ricoverati oltre 400 contagiati dal Covid–19 fino all’ultima delle case di cura e di riposo che accolgono chi non ha nessuno.

Tutti insieme, “sulla stessa barca” dell’umanità si potrebbe dire citando il Papa, «seguendo l’esempio di Gesù – ha sottolineato Giuliodori – vero medico dei corpi e delle anime» che «si spendeva senza riserve per tutti i sofferenti, soprattutto i più poveri e i malati».

E proprio guardando a Lui suor Capitanio, morta nel 1833 ad appena 26 anni, scriverà il testo citato nel quarto mistero della Luce: «I poveri ammalati, ed infermi saranno veramente la delizia del mio cuore… riguarderò in loro e negli altri poveri la persona stessa di Gesù Cristo. Non guarderò a fatica, a tempo, a incomodo, procurerò di imparare ai vostri piedi il vero modo di giovar loro». Un abbraccio di misericordia, un servizio di carità che riguarda tutti e ciascuno, rafforzando la consapevolezza, frutto della fede, che ogni vita merita di essere vissuta, che per il Padre buono, specie nelle difficoltà, ogni figlio è figlio unico. Che nessuno si salva da solo.

Giuseppe Moscati (1880–1927), uno dei più noti medici del suo tempo, che spesso curava gratuitamente i malati bisognosi, anzi li aiutava di tasca propria, lo evidenzia a chiare lettere. «Quali che siano gli eventi – scrive nel testo ripreso durante il secondo mistero – ricordatevi: Dio non abbandona nessuno. Quanto più vi sentite solo, trascurato, vilipeso, incompreso e quanto più vi sentirete preso a soccombere sotto il peso di una grave ingiustizia, avrete la sensazione di un’infinita forza arcana, che vi sorregge, che vi rende capaci di propositi buoni e virili, della cui possanza vi meraviglierete, quando tornerete sereno».

Le difficoltà, la prova, la malattia come scuola di sapienza, dunque. Come cattedra d’amore, come offerta. Una testimonianza che papa Wojtyla ha reso ogni giorno, specie alla fine del suo cammino terreno. «Tu che 25 anni fa ci hai donato l’Evangelium vitae – ha sottolineato il vescovo Giuliodori in chiusura di Rosario, nella supplica a san Giovanni Paolo II – aiutaci ad amare e servire ogni vita umana, a partire da quelle che sono più indifese, emarginate, sfruttate, scartate… e in particolare a prenderci cura, oggi, di quelle che per il contagio sperimentano la fragilità, l’isolamento e la morte».

Per scaricare il libretto della serata di preghiera, clicca qui

Supplica a san Giovanni Paolo II

Mentre l’umanità è sconvolta da una pandemia di immani proporzioni ci rivolgiamo a te san Giovanni Paolo II che da questo luogo hai dato al mondo una luminosa testimonianza di come, con fede e fiducioso abbandono in Dio, si possono affrontare le prove e le malattie.

Tu che venticinque anni fa ci hai donato l’Evangelium vitae, aiutaci ad amare e servire ogni vita umana, a partire da quelle che sono più indifese, emarginate, sfruttate, scartate e in particolare a prenderci cura, oggi, di quelle che per il contagio sperimentano la fragilità, l’isolamento e la morte.

Tu che tante volte e per lunghi giorni hai condiviso in questo ospedale il soffrire umano e ne hai illuminato il significato con la Salvifici doloris sostieni gli operatori sanitari in questo momento di gravoso e immenso sacrificio perché siano per tutti i malati segno di Gesù medico premuroso e salutare.

Tu che hai concluso i giorni della tua vita terrena abbracciato alla croce e senza più parole hai fatto risplendere sul tuo volto quello del Crocifisso fa che vivendo con fede questo tremendo calvario della pandemia, sappiamo contemplare, sorretti dalla Divina Misericordia, la luce del Risorto.

Tu che hai affidato la tua vita a Maria con il motto Totus tuus, insegnaci a camminare con lei, donna dei dolori e della speranza, perché imparando a stare sotto la croce non venga mai meno la certezza che lo Spirito Santo effuso dal suo Figlio Gesù farà nuove tutte le cose e che dopo i giorni della sofferenza verranno quelli della consolazione. Amen

Un momento del Rosario al Pliclinico Gemelli
Un momento del Rosario al Pliclinico Gemelli – Frame da Tv2000