Covid 19, la maestra di Parre: il coraggio e la forza delle donne
da Vatican News
di Amedeo Lomonaco
“Non sono un eroe, ma una malata fortunata perché ho avuto tanta assistenza e sostegno”. Ripercorrendo la sua esperienza legata al Covid 19, mi ripete più volte queste parole Cinzia Troletti maestra a Parre, in provincia di Bergamo, e madre di 4 figlie che ha affrontato a casa questa dura prova. Ringrazia, innanzitutto, la sua famiglia per il sostegno ricevuto e, in particolare, la figlia più grande, Ilenia, che ha sempre cercato di trovare una soluzione ad ogni problema.L’affetto di grandi e piccoli
Cinzia esprime la propria gratitudine anche per una donna che definisce un angelo. È Nicoletta, infermiera di Itineris, società che opera nel settore dell’assistenza domiciliare infermieristica e medica. Si è presentata a casa e ha offerto la sua preziosa assistenza. Cinzia si commuove, poi, quando ricorda gli affettuosi pensieri che le hanno rivolto i suoi alunni della quinta elementare. Ricordando i giorni della malattia, Cinzia sottolinea che quando in una farmacia ha trovato una bombola dell’ossigeno, si è sentita in colpa pensando a qualcuno che poteva averne bisogno più di lei.
Il coraggio delle donne
La maestra di Parre ringrazia tutto il suo piccolo paese nella Valle Seriana, che l’ha sempre sostenuta con fraterna vicinanza. La sua storia si lega alle parole pronunciate da Papa Francesco ieri al Regina Coeli. Il Papa ha dedicato infatti un pensiero particolare al prezioso impegno di molte donne che, anche in questo tempo di emergenza sanitaria, si prendono cura degli altri. Francesco ha ricordato dottoresse, infermiere, agenti delle forze dell’ordine, impiegate nei negozi di prima necessità e tante mamme, sorelle e nonne. Questa è la testimonianza di Cinzia Troletti:
R. – La malattia ha fatto il suo esordio con un po’ di febbre e un po’ di raffreddore. All’inizio ti chiedi se si tratta del coronavirus. Si convive con questo dubbio, però intanto si continua ad essere maestra, madre, moglie. La febbre si alzava soprattutto verso sera. Il medico mi ha detto di fare una Tac.
Un aiuto importante è arrivato dalla famiglia e in particolare da sua figlia Ilenia…
R. – Mia figlia Ilenia, la più grande, mi ha accompagnato a fare la Tac. È stata molto tenace e ha mantenuto sempre i contatti, a livello telefonico, con il medico di base. Voleva a tutti i costi trovare qualche soluzione, anche un ricovero. Ma il 10 marzo già i posti dell’ospedale vicino alla mia abitazione erano già saturi. Avendo una diagnosi di questo tipo, ma un livello di saturazione dell’ossigeno non grave, mi hanno detto di andare a casa. In questo momento ti senti preso da un senso di smarrimento: ti rendi conto che stai male e la situazione si deve gestire da soli. In questo caso, io avevo perlomeno il supporto del medico che rispondeva alle telefonate. È una fortuna perché nella nostra zona molti medici di base si sono ammalati. A casa mi sono isolata in una parte dell’abitazione. Tutta la mia famiglia era in quarantena e mia figlia Ilenia interagiva con tutti. E si è improvvisata infermiera.
Tra l’altro, avete trovato in una farmacia una bombola dell’ossigeno…
R. – Mia figlia ha chiesto in farmacia di poter avere una bombola dell’ossigeno ed è arrivata subito. Nel momento in cui mi sono ammalata, sono a venuta a conoscenza di altre persone colpite dal coronavirus. In particolare c’era una mia conoscente, alla quale sono molto legata, che aveva bisogno dell’ossigeno. Ma nel suo caso, non si riusciva a trovare una bombola. Allora mia figlia ha contattato varie farmacie della zona e, alla fine, l’abbiamo trovata. Però mi è sempre rimasta un po’ questa ansia per il fatto che io, a differenza di altri, avevo l’ossigeno. C’erano varie persone che, nella mia zona, avevano bisogno dell’ossigeno. In tutto questo periodo, ho sempre pensato che, quando mi sarei sentita meglio, avrei consegnato la bombola dell’ossigeno.
In questo periodo ha ricevuto anche l’affetto, la solidarietà del suo paese e, in particolare, dei suoi alunni di quinta elementare…
R. – Sì, una mattina – una delle prime in cui mi alzavo dal letto – c’era un sacchettino attaccato al cancello. Dentro c’erano bigliettini dei i bambini. Questo mi ha molto commosso. Ho sentito la vicinanza di molte persone anche del paese: molte persone mi mandavano messaggi di sostegno e di supporto. E ti davano una carica.
Tra quanti l’hanno sostenuta, oltre a tua figlia Ilenia e alla sua famiglia, c’è anche un’altra donna: un’infermiera…
R. – Una infermiera, madre di una mia alunna. Dopo aver saputo che stavo male, è venuta a casa mia e ha suonato il campanello. In un primo momento quasi non la riconoscevo perché stavo abbastanza male. Poi quando ho capito che era lei e che era una infermiera, è stata veramente un angelo. Un angelo in un momento in cui provi tanta ansia, ti senti smarrito e ti chiedi se, a livello medico , stai facendo le cose giuste.
Adesso quali sono le sue condizioni di salute?
R. – In questo momento, sto abbastanza bene. Sono ancora un pochino debole fisicamente e sento un po’ di tremore. Però ho recuperato molte energie.
Dopo la recita del Regina Coeli, il Papa ha dedicato ieri un pensiero speciale a molte donne che, anche in questo tempo di pandemia, si prendono cura del prossimo. In questo periodo difficile sono determinanti, come nel suo caso, la forza e il coraggio delle donne…
R. – Molte donne mi hanno sostenuto, tra cui mia figlia e questa infermiera. Molte persone mi sono state vicine, anche solo con un messaggio. Nello stesso tempo, anche io cerco di essere un sostegno per altre donne. Nasce proprio questa forza di coalizione; Nasce una solidarietà, tante volte femminile. È molto importante il supporto che si riceve. Ed è importante trasmettere quello che si è ricevuto. Faccio questa intervista per dare un po’ la voce a tutte le persone che hanno vissuto in casa la malattia del Covid 19. Non è stato facile. Ringrazio tutte le persone che mi hanno fatto sentire la loro solidarietà.